no_guerra• a tutte le realtà che hanno aderito alla manifestazione “Nessun M346 a Israele” del 13 ottobre 2012 a Venegono (Varese), presso la sede nazionale di Alenia-Aermacchi/Finmeccanica, contro i mercanti di morte, le produzioni belliche e il loro uso (a partire dal cacciabombardiere F35) e contro la cessione di “addestratori” armati allo stato israeliano, con le relative scelte in termini di politica estera e di spesa pubblica;

• a tutti i soggetti già direttamente coinvolti nell’azione contro il complesso militare-industriale e contro la militarizzazione dei loro stessi territori (comunità di lotta locali di Novara, Varese, Vicenza, Aviano, Colleferro, Brescia, Cagliari, Niscemi, ecc.);

• a tutte le altre realtà che sappiamo impegnate sul fronte “guerra, pace, armamenti, disarmo……”

Quella manifestazione, pur se indetta da piccoli gruppi locali che però sentivano fortemente il problema perché ce l’avevano “in casa”, ha potuto aggregare tanti e diversi soggetti ed ha così, quasi inaspettatamente, raggiunto un livello nazionale.

Questo ha fatto nascere fra i partecipanti l’idea di “continuare” seguendo le stesse efficaci modalità di azione:

“….Uniamo le forze di tutti quelli che si oppongono alla violenza, alla prepotenza, alla falsità di chi (parlando di pace e giustizia e facendo la guerra) pratica e promuove la predazione delle nostre vite, delle nostre speranze, delle nostre idee, del nostro lavoro; di chi ci fa continuamente passare sopra la testa, come malefici cacciabombardieri, scelte di morte, di sopraffazione, di subdolo dominio finanziario che minano la democrazia e vanificano ogni sovranità popolare.
Sostenitori della Palestina, pacifisti, antinucleari, tutori dei beni comuni, ambientalisti, oppositori di “grandi opere” e servitù militari, associazioni umanitarie, culturali e sociali, collettivi, reti, lavoratori e rappresentanze sindacali, disoccupati, precari, studenti, tutti uniti in quanto vittime, o dalla parte delle vittime…., troviamoci allora in tanti, arricchiti delle nostre differenze, a Venegono Superiore per manifestare pacificamente davanti
ad AleniaAermacchi, così come abbiamo fatto in passato davanti alle basi militari di Comiso, Camp Darby, Vicenza, Solbiate Olona e alle aziende belliche di tutta Italia”
(dal volantino di convocazione della manifestazione di Venegono)

PERCHÈ “CONTINUARE“?

Secondo molti in Italia non siamo in guerra, ma siamo impegnati in “operazioni di pace” o “umanitarie”, o di “difesa della democrazia”, o di “polizia internazionale”; saremmo quindi in un tempo di pace duratura (il “Nuovo modello di difesa” del 1991 parla del tempo unico della “prevenzione attiva”), e lo spettro del “tempo di guerra” parrebbe –finalmente- rimosso.
Secondo altri siamo in guerra, sì, ma impegnati in una “guerra giusta”, o “preventiva”; siamo eroi del bene contro il male “contro il terrorismo internazionale”, contro le dittature ed i dittatori; e quindi possiamo ben rottamare il divieto di non-ingerenza negli affari interni di uno stato, ed il diritto all’autodeterminazione dei popoli sull’altare della “responsabilità di proteggere”, paravento però di interessi imperiali.

In ogni caso, secondo gli ultimi Ministri della difesa “l’Italia ha rafforzato il suo posizionamento in tutti i quadranti fondamentali dello scacchiere globale, dal Medio Oriente all’Asia, e può dunque andare a testa alta nel mondo”, ma si è legata ancora più strettamente al carro da guerra degli Stati uniti e della NATO, mettendo il nostro territorio ancor più a disposizione dei comandi militari statunitensi e partecipando a
nuove guerre di aggressione.

Riguardo al sostegno che l’Italia darà, ancor più di oggi, ai «percorsi di vera democratizzazione» in Nordafrica e Medio Oriente, basta ricordare il ruolo che essa ha svolto nella guerra contro la Libia ed ora in Mali, e quello che sta svolgendo, in buona compagnia, per trasformare -con forze comandate, armate e infiltrate dall’esterno- la legittima sollevazione contro il governo siriano in un’occasione per realizzare il “Grande Medio Oriente” di Bush-Obama, di Netanyahu, degli Emirati.

E la strategia Usa/Nato prepara altre guerre, man mano che il suo centro focale si sposta verso est per contrastare la Cina e la Russia. Tutto ciò richiede un’alta spesa militare, ovunque pagata dai cittadini attraverso i tagli alle spese sociali.
Ma un’economia “di vita”, non suicidaria, non può essere predatoria delle vite altrui, dell’ambiente e del tessuto sociale, e non può non basarsi su una condivisione del processo decisionale sul cosa produrre.

Una iniziativa contro la guerra deve dunque far perno su di un’economia che metta al centro l’uomo e la tutela dei beni comuni, in uno scambio equo tra nord e sud del mondo, contro una strategia egemonica imperniata sull’ideologia ultraliberista oggi ancora dominante.

E’ necessario quindi sottrarsi ad una finanza internazionale che ‘non ha nazione’ e agisce su scala globale sottraendo sovranità agli stati (addirittura con la complicità degli stessi!) e ricattandoli con un “debito” che in realtà nasce da un furto. “We are the 99” sintetizza uno slogan del movimento “Occupy Wall Street” diffusosi rapidamente a livello mondiale: siamo il 99% della popolazione, quelli che subiscono gli effetti dei “giochi” della finanza globalizzata, e diciamo no a questi predatori che non abbiamo mai delegato a rappresentarci.

In questo drammatico contesto il popolo della pace non può restare inerme/inattivo/indifferente, né rischiare di agire quando sarà troppo tardi, quando la parola sarà definitivamente passata ai signori della guerra. Occorre far sentire subito la nostra voce, mobilitarci, fermare i guerrafondai prima che sia troppo tardi.

I loro eserciti si stanno addestrando, stanno sperimentando nuovi sistemi d’arma e strategie controinsurrezionali, saranno pronti ad intervenire anche contro di noi, contro antimilitaristi e pacifisti, contro chi si ribella a questo sistema predatore, contro chi ritiene che un nuovo mondo sia possibile, perché nelle loro elaborazioni strategiche è già stata superata la distinzione tra nemico esterno e nemico interno.
Siamo dunque tutti chiamati a fare uno sforzo straordinario di studio e di immaginazione per elaborare nuove strategie capaci di promuovere azioni che, maturando dentro comunità altamente solidali e producendo
nuova solidarietà, siano in grado di togliere il consenso alle strutture che sostengono il complesso militar-industriale e la guerra.COME “CONTINUARE”?

La struttura in grado di esprimere il maggior equilibrio e capacità di azione è la rete tra i vari soggetti che si riconoscono negli stessi grandi obiettivi. Ciò però passa attraverso una costante ricerca di denominatori comuni tramite uno sforzo di elaborazione e studio, un confronto fra concezioni e visioni diverse, in un clima di fiducia, senza nascondere le eventuali differenze ed anzi cercando di utilizzarle per rendere possibile ed efficace una strategia comune e per elaborare piattaforme semplici e coinvolgenti.
Non si tratta quindi di costituire un’ ennesima organizzazione, bensì di affiancarsi fra noi, valorizzando il più possibile ciò che già esiste.
Nessuno quindi vuole qui proporsi come un “nuovo” attore che si aggiunge a tutti gli altri, magari con mire “egemoniche”. La forma organizzativa che sembra la più adatta a tenere insieme realtà diverse fra loro è quella di un “FORUM”, un luogo funzionale al comune scopo, ma anche un luogo fisico dove potersi incontrare e dove insediare un ufficio, che potrebbe essere simbolicamente posto presso il Castello dei missionari Comboniani a Venegono Superiore (VA), sulla collina che sovrasta l’aeroporto/fabbrica
di armi/sede nazionale di AleniaAermacchi/Finmeccanica.
Abbiamo in mente il successo e la capacità di mobilitazione del Forum Acqua “bene comune” e sogniamo di replicare quel percorso virtuoso, sapendo che sarà più difficile per la materia trattata e per la difficoltà ad individuare un obiettivo praticabile a livello di massa come fu il referendum sull’acqua.
Fondamentale è il lavoro di tutti coloro che in modo organizzato e continuativo si dedicano allo studio delle strategie militari attraverso un’analisi scientifica dei fatti e dei documenti ufficiali di USA, NATO, UE, OSCE, Italia, che propongono le “nuove” dottrine militari (dal 1990 in poi), cercando di evidenziare come gli eventi bellici intervenuti da quella data rappresentino un continuum di fasi ed aspetti di un’unica “guerra”, senza trascurare l’analisi del livello di criticità dovuta alla produzione, mantenimento e possibile utilizzo delle armi nucleari. Altrettanto è importante svelare l’approccio mistificatorio di un’informazione quasi del tutto pilotata, ed utilizzata come vera e propria arma.
D’altra parte, il mettere in correlazione alternativa risorse destinate alla produzione di armi piuttosto che di beni e servizi civili basta a dimostrare quanto sia economicamente più conveniente la produzione civile rispetto a quella militare (mentre proprio ora le imprese belliche italiane stanno “liberandosi” delle loro produzioni civili, rendendo così più difficile la possibilità di ritornarvi).
La riconversione in senso pacifico delle produzioni potrebbe apparire temporaneamente contro l’interesse vitale ed immediato dei lavoratori del settore bellico, ponendoli dunque in conflitto contro chi come noi auspica invece questa scelta. Ma i lavoratori non sono né possono diventare i nostri antagonisti, anzi a loro va la nostra solidarietà in quanto sfruttati e costretti a scelte antietiche con la loro coscienza (o con quella della maggior parte di loro).

Facendo dunque appello per prime alle “comunità in lotta” operanti vicino ad aziende belliche e basi militari, quindi naturalmente legate al proprio territorio e capaci di mobilitazioni locali per la riconversione e la smilitarizzazione dei territori, mai slegate da una visione generale, ci rivolgiamo a tutti coloro che vogliono il rilancio di un movimento pacifista ed antimilitarista che possa diventare patrimonio veramente di ognuno e che riesca ad incidere concretamente.

Un altro convegno? Si, ma che serva!
Sia a mettere in rete le comunità in lotta contro il militarismo, sia a lanciare questa proposta di “FORUM contro la guerra”….
Il Movimento NO-F35 del novarese ed il Comitato NO-M346 del varesotto, che si sono impegnati negli ultimi anni nel contrasto alle produzioni belliche ed alle installazioni militari presenti nelle rispettive zone, collegatisi per accrescere l’efficacia delle loro azioni, fanno appello anche alle altre realtà di lotta insediate stabilmente nei vari territori del paese per cercar di creare un collegamento più ampio, una rete, che sia flessibile e stabile allo stesso tempo. Non possiamo disperdere le forze in un momento come questo, per cui chiediamo a tutti gli interessati un ulteriore slancio per lavorare assieme, creando innanzitutto una possibilità di incontro che sia:
• un’ occasione per conoscersi reciprocamente e poter consolidare i legami tra le comunità locali in lotta contro la militarizzazione del territorio e la sua dipendenza dalla produzione militare;
• una possibilità di approccio scientifico al tema che, grazie ad esperti del mondo economico, politico e militare che ruota attorno alla guerra ed alle sue fabbriche, che dunque potrà permetterci una visione più chiara e completa, base necessaria per ideare e poi costruire efficaci azioni di promozione della pace e di contrasto a tutte le guerre.

PER QUESTO PROPONIAMO DI TROVARCI

SABATO 1 E DOMENICA 2 GIUGNO 2013

presso il castello dei Comboniani a Venegono Superiore (VA)

PER UN INCONTRO/CONVEGNO SUL TEMA

ARMI, GUERRE, TERRITORIO
DOBBIAMO PER FORZA FABBRICARE ARMI, FARE GUERRE, UCCIDERE,
O ABBIAMO IL DIRITTO DI VIVERE PACIFICAMENTE E DI RESTARE UMANI?
Oltre ai diversi relatori con i quali approfondiremo le varie tematiche relative alle produzioni di morte e alla guerra, sono invitate a partecipare le realtà di movimento che lottano contro la militarizzazione dei territori e le produzioni belliche. Per un confronto tra esperienze recenti
e passate, alla ricerca di strategie e strumenti più efficaci per le lotte attuali e future.
Movimento NO-F35 del novarese – Comitato NO-M346 del varesotto